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Torino: più peeling per tutti

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Torino: più peeling per tutti

Una città malata di declino e il conflitto di interessi dei medici chiamati a curarla. In un articolo dell’ottobre 2004 la Presidente della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Patrizia Sandretto, dichiarava a proposito di Torino:

“questa città è un modello …. Negli ultimi quindici anni abbiamo costruito l’identità di Torino soprattutto sulla cultura”. In un contesto meno culturale e più ludico abbiamo assistito per anni quasi quotidianamente ad una chiusura di fabbrica e, contemporaneamente, all’inaugurazione di un Centro Commerciale o di una SPA. Per favorire gli acquisti si progetta l’apertura serale dei negozi in modo che lo spirito e l’umore dei torinesi possa pascersi h24. E’ indiscutibile che incrementare l’offerta culturale e ludica di una città sia un bene; è indiscutibile che la domanda di cultura sia stata una delle poche in crescita durante questi anni; è indiscutibile che Torino abbia delle potenzialità in questi settori. Scusate però se come metro dell’identità di un territorio ci permettiamo di tenere in considerazione anche alcuni banali dettagli pratici come la quantità di popolazione, il livello di disoccupazione, i livelli di reddito, etc…

Sia chiaro, non siamo mica dei grezzoni che preferiscono il grasso e il rumore delle officine alla moquettes ovattata dei musei o il fumo delle fonderie agli aromi dei centri benessere ! E’ che ci poniamo il problema di dove la gente può andare a prendere i soldi ( volgari ma necessari ) per la propria promozione artistica, per lo shopping, per passare le giornate allo stadio, per portare i figli nella multisala, e altre cosette del genere. Il tutto, sia chiaro, dopo aver pagato tasse, mutui, affitti, spese alimentari, spese scolastiche e chi più ne ha più ne metta. Se, come sembra vogliano farci credere, la gente non compra perché trova i negozi chiusi la sera, allora la cassa integrazione dovrebbe favorire i consumi. Disoccupati e cassa integrati, in fondo, hanno tutto il giorno libero per fare compere ! Se il popolo non ha pane non c’è problema, dategli le brioches!

Basta vedere questo grafico per rendersi conto che il “modello Torino” basato sul cambio di vocazione del territorio non sta funzionando esattamente come sperato dagli attori del “bel mondo” subalpino.

imgIl calo verificabile dei consumi natalizi in corso in questi giorni è l’ennesima dimostrazione che il progetto degli “illuminati” locali di trasformare Torino in un parco di divertimenti, da solo, non sta in piedi. Si può obbiettare che il rallentamento è generale e certamente non riguarda solo Torino. Vero! Però Torino è un simbolo e per questo il suo declino ha un significato particolare. Torino è sempre stata, e quando dico sempre intendo da secoli, una locomotiva, non un vagone che rallenta o accelera a seconda della forza altrui. Quello che è in gioco a Torino è il mantenimento in vita del sistema industriale basato sul lavoro di quantità molto elevate di uomini e donne che dalla fabbrica traggono il proprio reddito. Questo è l’autentico fatto da cui partire, e non lo pseudo-realismo di chi dice. “oramai è chiaro che la produzione industriale va in Cina o in posti simili. Qui non resterà nulla. Cerca di fartene una ragione”. Ma chi l’ha detto? E poi: della gente che “avanza” cosa pensiamo di farne? Pensiamo davvero di tenerla buona con gli sconti sull’ingresso ai musei o il buono omaggio per un trattamento viso?

Vi sembra possibile che di fronte a tutto questo sommovimento la città sappia rispondere soltanto con quadrature di bilancio spericolate e piani regolatori, o varianti, che permettano ai soliti noti di capitalizzare sui capannoni dismessi?

A voler pensar male verrebbe da chiedersi se la musica assordante che accompagna questo giro di ballo sul ponte del Titanic non abbia esattamente lo scopo di distrarre l’opinione pubblica con effetti speciali mentre il nostro mondo produttivo sta, quatto quatto, facendo i bagagli per andare a fare utili più pingui altrove lasciandoci qui in coda per il film festival.